Vergogna: gli sfollati di Arpaise sotto una tenda ad un anno dalla calamità

La tenda casa dei Parente

La struttura richiesta dai Parente come alloggio


Un anno che è servito solo ad amplificare il disagio, a mortificare la dignità di uomini e donne già colpiti da una grave calamità. E’ la storia delle vittime della frana di Arpaise. O, meglio, delle vittime di una politica che dovrebbe essere più prossima ai suoi cittadini e di apparati burocratici troppo spesso farraginosi . Vittime di un complesso di Istituzioni contorto e che appare sordo alle grida di dolore dei suoi cittadini. Tutte - a partire da quella comunale, passando per palazzo Santa Lucia, fino ad approdare ai salotti romani - aldilà di dichiarazioni e garanzie varie - sembrano non aver profuso tutto l’ impegno che il buonsenso ed uno spirito di pura umanità avrebbero preteso. Salvo diversa dimostrazione, si è assistito, allo stato, solo ad uno stancante rimbalzo di responsabilità e di competenze. Per questo gridiamo la nostra 'vergogna'. Verso uno Stato che non previene e dimentica troppo in fretta, che non ha la cultura della prevenzione e che non tutela i propri cittadini. Ne sono triste testimonianza i morti liguri, Sarno, gli sfollati dell' Aquila. Ed ancora Giampilieri e quant altri verranno ancora. Ma torniamo alle nostre latitudini. La famiglia Parente , proprietaria dell’ albergo-ristorante ‘La Bella Dormiente ‘, travolto dalla frana , perse la dimora ma anche l’ unica fonte di sostentamento. Anche loro saranno costretti a passare il Natale al riparo di una tenda. Questa è una storia che inizia da lontano. Dalle inascoltate conclusioni del Marsec che, tempo prima, aveva collocato Arpaise tra i paesi maggiormente a rischio da un punto di vista idrogeologico. Ecco il primo punto: a cosa serve investire in prevenzione se essa non si  trasforma in concretezza? A cosa serve – ribadiamo - investire in uomini, strutture, ricerche e software se, poi, le relative risultanze cadono nel vuoto senza che nessuno le raccolga? Queste le negligenze dell’ ante-frana. Il post – calamità sembra non essere stato migliore. Ci ha spiegato dettagliatamente la situazione il signor Parente, da noi contattato. Dopo quella maledetta notte di dicembre la famiglia ricevette un ‘’ordine di sgombero dall’abitazione e dall’attività extralberghiera (affittacamere e ristorante)’’. Successivamente, in data 3 gennaio, giunse ‘’un’ordine di rimozione per andare a togliere i  bomboloni del gas che erano restati nella frana e che nessun preposto aveva fatto togliere’’. Man mano che ci si addentra nella missiva, i contenuti diventano più spinosi. ‘’Il sindaco, nella sua qualità di capo della Protezione Civile locale,  - incalza il signor Parente-  pur avendo dichiarato lo stato di calamità naturale con delibera di consiglio comunale del 14 dicembre 2010, non provvedeva a dare assistenza alle famiglie, nè gli procurava un tetto. Su esplicita richiesta di avere un modulo casa, effettuata dagli sfollati in data 3 gennaio 2011, il sindaco rispondeva per iscritto che potevano collocarsi presso una qualunque abitazione perché gli avrebbe pagato un fitto. Ciò non è avvenuto né gli ha dato un modulo casa’’. Senza un tetto, quindi, come apprendiamo dalla nota, ma si lamenta anche la mancanza di ‘’un ricovero alle attrezzature, mobili e cose varie che gli stessi sgomberati sono riusciti a salvare dalla frana e che la Protezione Civile né altri avevano preso. A tutt’oggi sono ancora in frana, alcune sotto le macerie,  molte suppellettili, motorini , mezzi agricoli, frese, vangatrici.Quelle salvate sono invece custodite in un terreno privato con una tenda sopra’’. L' esigenza di una dimora ove sistemarsi in modo dignitoso rimane, tuttavia, quella più impellente nonchè l' argomentazione più calda. Riacquistare una parvenza di quotidianità è quello che la famiglia Parente legittimamente e fortemente chiede.Ma, allo stesso tempo, è questo il terreno ove l’ attrito con la Istituzione comunale diviene più acceso. Il proprietario della ‘Bella Dormiente’, dopo richieste varie volte all’ ottenimento di una sistemazione o di un modulo casa - tutte inascoltate, stando alla missiva inviataci -  dovette optare - come ultima, disperata spiaggia - per l’ occupazione di una struttura comunale. Al riguardo ci dice : La scuola  da me occupata, per lo stato di necessità creatosi, dopo oltre quaranta giorni dall’occupazione e dopo aver sistemato il mobilio e quant’altro necessario non mi è stata più autorizzata né mi è stata attaccata l’acqua perché, a dire del signor sindaco,  si sarebbe dovuta cambiare la destinazione d’uso !!!!!! e la stessa non poteva essere adibita a civile abitazione (alleg). Nella ex scuola, occupante una superficie, come da certificati catastali che si allegano, di 2000 mq., non ha una destinazione d’uso definita tant’e che all’interno di esso si trova già la sede della Pro-loco e viene usata come da foto che si allegano, saltuariamente anche per ospitare gente simpatica agli amministratori .Un’altra parte è adibita a deposito d’ immondizia E a deposito di mezzi meccanici’’. Parole che lasciano trapelare la profonda rabbia e delusione accumulata in questi dodici mesi di travagli. La conclusione è tutto un incedere di interrogativi – condito di incredulità ed esasperazione -  che il signor Parente lancia con disperata educazione. Anche questo passaggio preferiamo riportarlo fedelmente, affidando ai lettori le dovute conclusioni: ‘’ Perché per me e la mia famiglia non è idonea? (il riferimento è all’edificio della ex scuola n.d.r.) Perché non mi danno un modulo casa? Perché non ci aiutano per una ricostruzione? Siamo forse antipatici?Come mai nemmeno la Protezione Civile Regionale o Nazionale non viene interessata, perché la Provincia non fa la strada che l’economia locale è ormai in ginocchio ed alcune attività oltre la “La Bella Dormiente” stanno chiudendo?’’ . Rimandiamo ai preposti soggetti le domande rammentando come in gioco vi sia la tutela della dignità di esseri umani. E che, in nome di ciò,  qualsiasi ipotetico cavillo o tempo burocratico deve necessariamente soccombere.

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