Giorgio,un angelo di poche ore massacrato dal padre-nonno

Nuxis, a trenta chilometri da Cagliari.

Nel cimitero di Nuxis, in provincia di Cagliari, riposano da quindici anni i poveri resti di un piccolo di pochi giorni. La croce che lo sovrasta reca impresso il nome di Giorgio. Così lo chiamarono, battezzandolo pietosamente, gli infermieri ed i medici dell' ospedale di Cagliari che se lo videro portare dalla polizia - ormai morto - una notte di quindici anni fa. Era il 25 febbraio del 1996, una tarda serata di inverno, quando un'automobilista, di ritorno dal lavoro, vide sotto un cavalcavia, gettato tra rifiuti vari, quello che gli parve essere - in modo distinto - un povero corpicino. Arrestò la sua corsa e subito comprese che la vita di quell' esserino era  già finita. In ospedale fu subito chiaro al personale che Giorgio era stato ucciso. In gola gli trovarono della carta igienica, in testa lesioni ossee, sul corpo ecchimosi vari. Qualcuno, cioè, aveva provato in mille modi ad ucciderlo non riuscendovi, con tutta evidenza, al primo tentativo.Si sospettò - sulle prime - che la madre fosse una straniera, una delle prime badanti che dall'Est Europa cominciavano ad affacciarsi sul nostro Paese. Ipotesi tante,certezze  poche. Pian piano quella storia scivolò nel dimenticatoio dei fascicoli, ma non si sopì mai, invece, tra la gente, la eco di quella vicenda. Si sussurrava di una ragazza della zona che qualcuno aveva visto - nelle sue rarissime uscite - un pò più  rotonda.Quella ragazza che, però, 'non aveva marito', tenuta lontana dalla comunità, cinturata da un ambiente famigliare impenetrabile. Quella ragazza di 26 anni, quella casa, qualcuno che giurava di aver sentito i pianti di un bimbo. Proprio in quel febbraio, proprio in quell' anno. Quelli dell' hinterland sardo sono ambienti sui generis, le voci hanno paura a crescere. Ma a morire, non muoiono. E così il bisbiglio arriva all' orecchio di un inquirente. L' indagine prende piede, i riscontri ci sono.Si decide di bussare alla porta di Marinella, una casalinga che oggi, intanto, ha 41 anni. Gli agenti la invitano ad un prelievo - previa autorizzazione della magistratura - per comparare il suo DNA con quello prelevato da quel misero corpicino. Ma lei racconta tutto, subito.Già sa cosa vogliono quelle divise. Quel bambino era il suo, ma non era il frutto di un amore, di quella che altrove è detta fuitina. Quell' anima era figlia di una violenza, di un incesto, delle aggressioni sessuale subite per anni dal padre. Si, da suo padre. Lui - oggi 71enne - l'aveva violentata per anni, da quando era bambina, e quel piccolo era figlio e nipote - allo stesso tempo - di quel mostro che negli anni si è fatto scudo della altrui paura, dell' omertà della famiglia. Quel piccolo, nato da poche ore, fu così - povero angelo - preso in consegna da quel mostro. Lo prese dalle braccia di quella ragazza, dove il piccolo cercava il suo naturale ed istintivo riparo. L'orco, però, doveva cancellare le tracce dell' onta, della vergogna di cui lui stesso era stato causa. No, non poteva vivere. Non si doveva sapere. Quella 'prova' dello scandalo andava cancellata. Provò in vari modi ad eliminarlo. Cercò di strangolarlo, lo percosse. Ovunque: in testa, sul corpo. Poi lo soffocò. Riposa in pace, piccolo Giorgio, che gli angeli ti cullino in quel Paradiso dove meriti di stare.

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