Francesco De Sanctis visto da Arturo Olibano

Francesco De Sanctis (Morra Irpino, Avellino, 28 Mar. 1817 – Napoli, 29 Dic. 1883) compî gli studi nella città partenopea dall’età di nove anni, prima alla scuola-studio ginnasiale (“prima febbre di lettura”) dello zio sacerdote, Carlo Maria, poi a quella dell’abate Lorenzo Fazzini, infine a quella del marchese Basilio Puoti (di quest’ultimo fu anche collaboratore). Divenuto egli stesso un maestro «suscitatore di entusiasmi, un educatore di energie intellettuali e morali» (C. Muscetta): ottenne nel ’39 un incarico presso la scuola militare di San Giovanni a Carbonara e nel ’41 presso il Reale collegio militare della Nunziatella. Nel contempo aprî la sua “prima scuola” napoletana (1839-48) di grammatica e letteratura in vico Bisi, alla quale si formarono i quadri culturali del Regno d’Italia: lo scienziato Angelo Camillo De Meis, il giurista Diomede Marvasi, lo storico Pasquale Villari.
Dopo le conferenze torinesi (nella capitale sabauda insegnò e si impegnò nel giornalismo letterario) e le lezioni al Politecnico di Zurigo (1854-60), fu nominato il 1 luglio del 1867 socio dell’Accademia Beneventana di “Scienze, Lettere e Arti” e nel ’71 professore ordinario di Letteratura comparata all’Università di Napoli, creando una “seconda scuola” napoletana (frequentata da giovani anche di altre facoltà), destinata a formare la nuova classe dirigente «nella vita pubblica o nella scienza, il Fortunato, il Calandra, il Gianturco, il Mirabelli, il Garofalo, il Marghieri, l’Abignente, il Tedesco, il De Niccolò; nell’insegnamento e nella cultura letteraria il Torraca, lo Schipa, i due Romani, il Massa, il Marino,  Lanzalone, il Tammeo, il Bonari, il Muscogiuri, il Mandatari e, precoci artisti, nella pittura il De Chirico, nella scultura l’Ierace, l’Amendola, ed altri ed altri» (G. Arcoleo). In De Sanctis vi è una stretta e profonda connessione, un legame inscindibile ed inestricabile tra l’attività di scrittore e quella di maestro dalla «critica militante» (A. Gramsci), partecipe della lotta politica (eletto Deputato in varie legislature, più volte vicepresidente della Camera e, primo Ministro dell’Istruzione dell’Italia unita, nel governo Cavour, successivamente in quello di Ricasoli e di Cairoli). Subî il carcere (combattente nel ’48 sulle barricate a Napoli, perseguitato dalla polizia borbonica, arrestato nel ’50 e incarcerato a Castel dell’Ovo per trentadue mesi, e, dove abbozza due opere teatrali: il dramma Torquato Tasso e il disperso Cristoforo Colombo, un poema filosofico in endecasillabi La Prigione, apprende la lingua tedesca, studia la Logica di Hegel, traduce la Storia della poesia di Karl Rosenkranz, parte del Faust di Goethe, liriche di poeti tedeschi) e la condanna all’esilio (imbarcato per l’America, riesce a fermarsi a Malta e a fuggire a Torino). Insuperato maestro di prosa saggistica, esegeta acutissimo, di scrittura sobria, limpida, briosa, vigorosa, sostituî il concetto di purezza della lingua con il concetto di proprietà linguistica. La sua Storia della letteratura italiana - capolavoro della critica letteraria mondiale (S. Lanuzza) - e i suoi Saggi critici, nascono dalle fotografiche e folgoranti lezioni universitarie. Maestro esemplare ed autorevole, unico e irripetibile, diffuse - come dice Matteo Palumbo di Longhi commentando il giudizio di Pasolini - «nelle stanze chiuse della mediocrità e del conformismo, il soffio di una vita rigenerata. Quasi per una prodigiosa alchimia, il personaggio fisico, presente e tangibile si trasforma in un emblema e acquista un’aura magica […] Egli spezza la pigrizia delle abitudini, la rigidità delle parole e delle idee, la banalità dei giudizi. Irrompe improvvisamente un mondo nuovo, con la ricchezza delle sue prospettive e delle sue scoperte». De Sanctis realizzò pienamente quel rapporto tra docente e discente che genera un eros di reciproca dedizione, un coinvolgimento delle sfere emotive e affettive nella dialettica educativa (non solo istruttiva): un legame mediante l’esistenza; per la vita. Insegnare diventa un insegnarsi: ecco il piacere che nasce dal sapere (come l’intelligenza e l’intraprendenza del professore Costantino Massaro). «La scuola è un laboratorio, dove tutti sieno compagni nel lavoro, maestro e discepoli, e il maestro non esponga solo e dimostri, ma cerchi e osservi insieme con loro, sì che attori sieno tutti, e tutti sieno come un solo essere organico, animato dallo stesso spirito. Una scuola così fatta non vale solo ad educare l’intelligenza, ma, ciò che è più, ti forma la volontà. Vi si apprende la serietà dello scopo, la tenacità de’ mezzi, la risolutezza accompagnata con la disciplina e con la pazienza, vi si apprende innanzi tutto ad essere uomo» (Francesco De Sanctis, “La scuola come laboratorio”, in Nuovi Argomenti, ago., 1872). E rivolgendosi agli allievi del Politecnico federale di Zurigo (“Prolusione”, 1856-57) «La letteratura non è già un fatto artificiale; essa ha sede al di dentro di voi. La letteratura è il culto della scienza, l’entusiasmo dell’arte, l’amore di ciò che è nobile, gentile, bello; e vi educa ad operare non solo per il guadagno che ne potete ritrarre, ma per esercitare, per nobilitare la vostra intelligenza, per il trionfo di tutte le idee generose. Questo è ciò che io chiamo vocazione letteraria; o voi m’intendete, o giovani, voi; ne’ quali l’umanità ogni volta si spoglia delle sue rughe e si ribattezza a vita più bella […]».

Commenti